Sordità

La funzione cocleare, ovvero dell’organo dell’udito, ha inizio verso la 20° settimana di gestazione. Tra la 20° e la 30° settimana iniziano a funzionare i fondamentali meccanismi dell’analisi di intensità e frequenza acustica.

Alla nascita sono presenti queste reazioni spontanee fetali, muscolari e neurovegetative (risposte considerate di difesa), che vengono a prodursi nel neonato per stimoli acustici  di intensità superiore ai 70dB.

Nei primi due mesi Il bambino impara a distinguere suoni vocali   e già al terzo mese la voce materna suscita una maggiore attenzione rispetto  a voci di persone estranee. Il bambino comincia a reagire a stimoli di intensità sonora anche modesta(30-40dB).

Si affinano le capacità di localizzazione sonora che consiste, in una rotazione del capo verso la sorgente sonora(3 mesi),

Verso i sei mesi dà risposte a stimoli di intensità di 10-20dB. A quest’età il bambino riesce a cogliere il significato di una particolare intonazione vocale (es. un rimprovero). Localizza il suono sia lateralmente che in basso

A nove mesi è in grado di  riconoscere parole a lui familiari.

Nel primo anno alla reazioni di allarme subentrano i riflessi di orientamento sempre più precisi.

 

La sordità

La sordità è uno dei più frequenti deficit neurosensoriali che può provocare nel caso sia grave e/o profonda, la non acquisizione del linguaggio.

Gli effetti della sordità infantile sullo sviluppo comunicativo linguistico del bambino dipendono infatti dalla entità della sordità e dall’epoca di insorgenza della stessa nel senso che tanto più grave è la sordità e precoce l’epoca di insorgenza tanto più marcati saranno tali effetti.

La percentuale di sordità infantile è l’1/1000 nei nuovi nati e tende ad aumentare del 4-5% nei bambini con fattori di rischio audiologico.

 

La sordità si classificata in base:

  •  alla sede della lesione,
  •  al grado di perdita uditiva;
  •  all’epoca di insorgenza;
  •  all’agente eziologico.

In base alla sede di lesione, parliamo di

  • ipoacusia trasmissiva: alterazione dell’apparato di trasmissione (orecchio esterno e orecchio medio);
  • ipoacusia neurosensoriale: alterazione dell’apparato di percezione (orecchio interno: sordità cocleare; nervo acustico: sordità retrococleare);
  • ipoacusia mista: compromissione di entrambi gli apparati (di trasmissione e di percezione).

In base al grado di perdita uditiva, parliamo di:

  •  lieve: 20-40 dB HL;
  •  media: 40-70 dB HL;
  •  grave: 70-90 dB HL;
  •  profonda

 

In base all’epoca di insorgenza, parliamo di:

  • sordità prelinguali: con insorgenza entro l’anno di età;
  • sordità perilinguali: tra un anno e i tre anni;
  • sordità postlinguali: oltre i tre anni.

Per le sordità perinatali le cause perinatali più importanti sono l’ipossia e l’ittero

Per le sordità postnatali parliamo di cause infettive, traumatiche e tossiche

 

TIMING OTTIMALE DIAGNOSTICO-TERAPEUTICO

SCREENING AUDIOLOGICO NEONATALE: alla nascita

VALUTAZIONE AUDIOLOGICA E DIAGNOSI DI IPOACUSIA: entro i 3 mesi

PRIMA PROTESIZZAZIONE E INIZIO LOGOPEDIA: entro i 6 mesi

PROTESIZZAZIONE OTTIMALE: entro gli 8-12 mesi

IMPIANTO COCLEARE(quando c’è l’indicazione): 12-18 mesi(valutazione del beneficio protesico dopo un periodo di 6-12 mesi di protesizzazione e riabilitazione acustica).

 

Sviluppo cognitivo

in un bambino UDENTE:

  • Il b. udente già a 18 mesi produce parole
  • Dopo i 18 mesi inizia a svilupparsi l’intelligenza rappresentativa
  • Concettualizza pensieri e contenuti astratti

nel bambino SORDO:  la mancanza di esperienze precoci di apprendimento del linguaggio consentono lo sviluppo dell’intelligenza concreta ma implicano una forte difficoltà nello sviluppo dell’intelligenza rappresentativa, quindi della capacità di astrazione e di simbolizzazione.

 

Terapia

I presupposti per raggiungere l’integrazione sono riassumibili in questi punti:

  • precocità della diagnosi di sordità;
  • precocità e correttezza della protesizzazione e adattamento protesico o impianto cocleare;
  • precocità dell’ allenamento acustico e del trattamento logopedico per la stimolazione del linguaggio non verbale e verbale;
  • Counseling familiare, ossia presa in carico della famiglia

 

Screening audiologico

L’esame viene effettuato da personale specializzato con un piccolo apparecchio; è un test rapido (dura qualche minuto per ogni orecchio), non doloroso ne’ fastidioso, che si esegue infilando un morbido tappino nel condotto uditivo esterno e registrando con questo la risposta della coclea a piccoli suoni ad essa inviati (otoemissioni evocate).

Se c’è la risposta della coclea, vuol dire che il neonato non ha una perdita uditiva significativa. Si rivaluterà nel tempo, valutando lo sviluppo uditivo e del linguaggio.

Se la risposta non è presente, questo non indica necessariamente un deficit uditivo; sarà però proposto ai genitori di portare il bambino ad un successivo controllo audiologico in cui con altri esami, entro i primi mesi, si può realizzare una diagnosi precisa.

 

Intervento LOGOPEDICO

Si pongono l’obiettivo di insegnare al bambino sordo, il più precocemente possibile (idealmente tra la nascita e i primi tre anni di vita), a usare la lingua ordinaria parlata e scritta nella comunità di udenti in cui vive.

Esclusione di qualunque lingua dei segni

Allenamento acustico = sfruttare il residuo uditivo

Potenziamento della lettura labiale

Metodi oralisti danno molta importanza:

  • alle protesi acustiche;
  • al ruolo della famiglia e in particolare, della madre nel processo di educazione del bambino sordo al linguaggio verbale parlato e scritto;
  • alla necessità che il bambino sordo frequenti esclusivamente gli udenti, a scuola come in famiglia e in altri contesti.

Il bambino viene avviato precocemente:

  • alla lettura, quando è in grado di leggere alcune sillabe si passa alla comprensione di parole e poi di semplici frasi;
  • alla scrittura, che ha un ruolo fondamentale nel metodo orale.

Verso i cinque anni s’inizia a far scrivere le vocali, i dittonghi, le consonanti fino alle parole.

Allenamento acustico

È uno degli aspetti fondamentali della terapia logopedica; avviene a bocca schermata. Ha lo scopo di introdurre il bambino ipoacusico nel mondo dei suoni e di interessarlo ad essi, di insegnargli a differenziarne le caratteristiche quantitative e qualitative. Deve essere iniziato precocemente e praticato dal logopedista e dai genitori

L’allenamento acustico praticato in studio dal logopedista consiste nel far ascoltare al bambino il suono di vari strumenti (campanellino, xilofono, tamburello, tromba, fischietti, giocattoli sonori, ecc..), guidandolo alla detezione del suono (ovvero la risposta cognitiva alla presentazione di uno stimolo sensoriale che definisce la percezione da parte del soggetto alla distinzione tra presenza Gli esercizi vengono eseguiti prima tenendo il bambino di fronte, • poi fuori dal suo campo visivo, • infine si daranno al bambino dei semplici comandi (alla percezione del suono il bambino deve eseguire una certa operazione, ad esempio buttare una palla nel cesto e assenza di suono);

Dopo di che si passerà alla fase di discriminazione del suono (si faranno ascoltare due suoni ed egli dovrà dire se sono uguali o diversi tra loro), • fino a che il bambino, attento al mondo sonoro che lo circonda, sarà in grado di localizzare la sorgente sonora ed imparerà a identificare e a riconoscere i suoni degli strumenti, la voce della logopedista e quella della mamma, i vari rumori intorno a lui, le prime semplici parole.

Diventa indispensabile una adeguata educazione respiratoria, che educhi il bambino all’utilizzo del diaframma. L’educazione respiratoria precede, in logopedia, gli esercizi di preparazione per l’impostazione dei fonemi e per l’impostazione dei medesimi.

Si esegue facendo appoggiare la mano del bambino sul proprio diaframma, in movimento, stimolandolo a ripeterlo volontariamente, insegnandogli a controllare il respiro, facendo trattenere ed emettere l’aria in tempi corti e lunghi. • Dopodiché si cercherà di portare il bambino all’emissione vocale per mezzo di esercizi di soffio (facendogli gonfiare un palloncino, soffiare su una piuma o un pezzo di carta, soffiare nella tromba, ecc..) e facendogli sentire il suo ventre.

Sviluppo delle abilità comunicative Fasi dell’insegnamento: • Abbinamento parole-oggetti/figure • Associazioni e classificazioni degli oggetti in base a forma e colore • Introduzione a parole relative a categorie semantiche (verbi, mestieri…) • Strutturazione delle prime frasi • Ampliamento delle strutture frasali • Stimolazione della conversazione attraverso domande sull’ambiente e sulla vita familiare

Lettura labiale  La comprensione si ha non solo con l’informazione uditiva, ma grazie all’integrazione con elementi extralinguistici come la lettura labiale  La lettura labiale aiuta solo se si conosce il significato della parola, noi capiamo ciò che conosciamo: non riusciamo a leggere sulle labbra nulla di una lingua a noi sconosciuta.

Educazione bilingue

Si educano i bambini non udenti sia all’uso della Lingua Italiana dei Segni (LIS), sia a quello dell’italiano vocale parlato e scritto.

Il bambino viene esposto alla lingua vocale e alla lingua dei segni in contesti separati o da due fonti diverse. Si permette ai bambini di raggiungere uno sviluppo cognitivo normale perché li si addestra entro i tre anni di vita a usare la lingua dei segni, che è una lingua a tutti gli effetti, e nello stesso tempo si permette loro di acquisire gradualmente l’italiano parlato e scritto, ovviamente in tempi più lunghi di quelli necessari ai bambini udenti.

La lingua dei segni (L1) permette al bambino sordo di sviluppare in modo spontaneo, “ecologico”, il linguaggio e il pensiero, mentre la lingua parlata gli consente di interagire con gli udenti della comunità nella quale vive. • L’apprendimento della lingua seconda (L2), ossia l’italiano, nel caso del bambino sordo, supportato dalla lingua dei segni, favorisce anche maggiori sicurezze sul piano psicologico. «il bilinguismo è la sola via che conduce il bambino sordo allo sviluppo armonioso della sua parola»

Ci sono notevoli differenze a seconda che un bambino sordo nasca da genitori sordi o da genitori udenti per quanto riguarda la scelta del metodo educativo e riabilitativo. • Un bambino sordo figlio di sordi imparerà la lingua dei segni come lingua madre e successivamente la lingua italiana attraverso sedute logopedistiche e a scuola ; sarà così bilingue. Acquisirà le regole grammaticali e morfo- sintattiche della LIS e contemporaneamente , in contesti diversi , quelle dell’ Italiano . • Un sordo figlio di udenti sarà più facilmente orientato dalla famiglia verso un metodo orale.

COSA FARE?

Interventi in rete (famiglia, ASL, altri servizi…) • Intervento nel contesto scolastico fin dall’asilo nido e continuativamente sino all’Università – Utilizzazione delle nuove figure professionali previste dalla L. 104/92 (educatore sordo, assistente alla comunicazione, interprete  Problema della loro formazione specialististica) – Inserimento di più alunni sordi in una stessa classe e/o creazione di scuole-polo (soprattutto per i piccoli centri) – Insegnamento della LS come L2 per gli alunni udenti

Assistente alla comunicazione • E’ un udente che conosce bene la LIS (ha seguito un corso di almeno 900 ore) • Facilita e supporta la comprensione di quanto richiesto dalla scuola attraverso l’uso della lingua dei segni • Ha come destinatari prevalentemente gli alunni sordi • Si fa promotore dei bisogni dell’alunno sordo all’interno del sistema scolastico insieme all’insegnante di sostegno

Educatore sordo E’ un sordo segnante con un’ottima competenza in LIS ed una buona competenza in Italiano orale e scritto • Permette all’alunno sordo di imparare la LIS (è un modello linguistico) e favorisce la costruzione di una identità positiva. • Facilita e supporta la comprensione di quanto richiesto dalla scuola • Ha come destinatari gli alunni sordi e, a seconda dei progetti della scuola, anche i loro genitori, gli alunni udenti, gli insegnanti • Si fa promotore dei bisogni dell’alunno sordo all’interno del sistema scolastico insieme all’insegnante di sostegno. • Si fa promotore della cultura e della lingua dei sordi all’interno del sistema scolastico

Regole di comportamento Una persona sorda si affida alla stimolazione visiva• Catturare l’attenzione del sordo entrando nel suo campo visivo; agitando una mano; dandogli un colpetto sulla spalla, accendendo e spegnendo la luce. UNA VOLTA STABILITO IL CONTATTO VISIVO: • La faccia di chi parla deve essere illuminata, la luce non deve abbagliare il sordo e devono essere evitate visioni controluce; • Non camminare o girare durante la spiegazione; • Parlare lentamente può facilitare la comprensione; • Non parlare a un volume più alto perché la bocca viene deformata; • Usare una gestualità naturale per enfatizzare il parlato

STRUTTURA LINGUISTICA DEL MESSAGGIO • frasi brevi; • frasi semplici e lineari con un soggetto (meglio se esplicito), un verbo e qualche complemento, possibilmente in quest’ordine e non separati da incisi; • Specificare sempre il soggetto della frase. • Evitare le forme arcaiche e le frasi fatte ( es , “a monte”, “a 360 gradi”…); • Evitare gli anglismi, preferire le parole italiane equivalenti; • Privilegiare la forma attiva dei verbi a quella passiva; • Preferire la forma affermativa delle frasi a quella negativa e in particolare evitare la doppia negazione; • Preferire, quando possibile, modi e tempi verbali semplici; • Preferire le parole concrete a quelle astratte

Ricordare che…. •Se un bambino non è in grado di parlare non significa che non ha nulla da dire… •…L’abilità di farsi capire e di capire del bambino sordo è direttamente proporzionale all’abilità e alla volontà che i suoi interlocutori udenti hanno di comunicare con lui”. G.Gitti 2008

 

 

Protesizzazione

La protesizzazione del bambino rappresenta l’intervento più complesso e forse più difficile in campo audiologico, poiché il piccolo paziente non è in grado di esprimere direttamente i propri giudizi su decisioni terapeutiche che permettono di ottenere risultati eclatanti solo a lungo termine. 

Obiettivo della prescrizione protesica nel bambino è raggiungere una confortevole udibilità dei suoni ambientali e del parlato. La prescrizione della protesi è di competenza dell’audiologo, tuttavia nel bambino la decisione non deve essere assunta da una sola persona, ma deve coinvolgere l’audiometrista, l’audioprotesista, il logopedista e i genitori, in modo da ottenere i risultati migliori. La perdita uditiva, l’età del bambino, il suo sviluppo motorio determinano la scelta del tipo di protesi.

L’adattamento della protesi sarà binaurale, in modo da ripristinare la condizione fisiologica di direzionalità del suono e in modo da sfruttare il vantaggio della sommazione della loudness. E’ necessario dare al piccolo paziente ipoacusico un’elevata amplificazione del segnale sonoro, in modo da potenziare la percezione di quelle informazioni acustiche necessarie per sviluppare l’apprendimento del linguaggio orale.

Le modalità di applicazione variano, naturalmente, da caso a caso: è importante però che l’audioprotesista unisca la fermezza alla dolcezza in tale operazione. L’apparecchio deve essere presentato con naturalezza, senza drammatizzare il momento delicato. Il bambino dovrà avere la possibilità di osservarlo, toccarlo, manipolarlo e scoprirlo.

Una volta applicata la protesi, il piccino si trova immerso in un mondo di suoni a lui sconosciuti. Le sue espressioni di meraviglia, i suoi atteggiamenti giocosi sono molto spesso la dimostrazione di quanto sia facile superare il “fastidio” della procedura meccanica appena messa in atto.

Il piccolo paziente deve abituarsi gradualmente a portare le protesi acustiche. Inizialmente il tempo di applicazione sarà di 30 minuti, poi di qualche ora, fino via via ad aumentare arrivando all’intero arco della giornata. L’adattamento dipende da bambino a bambino: c’è chi le indossa subito tutto il giorno, chi invece ha più difficoltà ad abituarsi. L’esperienza ci porta ad affermare che più il bambino è piccolo e più è facile per lui adattarsi all’apparecchio acustico: è egli stesso, infatti, che lo cerca al mattino quando si sveglia, che protesta quando gli viene tolto, che si accorge quando non funziona, ecc..

 

L’impianto cocleare

Un impianto cocleare(coclea artificiale, orecchio bionico) è un orecchio artificiale elettronico in grado di ripristinare la percezione uditiva nelle persone con sordità profonda, ed è utilizzato quando le protesi acustiche non ottengono il risultato sperato(Wikipedia). Secondo le più recenti linee guida nel caso di bambini di età compresa tra i 12 e i 24 mesi le indicazioni all’impianto cocleare sono rappresentate da una sordità profonda bilaterale con PTA>o = a 90dBHL(PTA:soglia media tra 500-1000-2000Hz) con scarso beneficio da una protesizzazione tradizionale dopo un periodo sufficientemente prolungato(almeno 6 mesi) di utilizzo della protesi acustica e di riabilitazione logopedica. Nei bambini di età compresa tra i 2 anni e i 18 anni l’impianto trova indicazione per sordità grave o profonda con una percentuale di riconoscimento di parole, a lista aperta  con bocca schermata, inferiore al 50% indossando la protesi acustica.

Una delle variabili più importanti nel condizionare le prestazioni post impianto del bambino  è l’età al momento dell’impianto. Dopo i 3 anni di vita la plasticità cerebrale si riduce e ancora di più dopo i 7 anni per poi scomparire completamente dopo i 10 anni; pertanto più precocemente viene eseguita la procedura d’impianto e minori saranno le problematiche di deprivazione sensoriale e maggiore  lo sviluppo delle abilità percettive e della produzione  verbale.Pertanto c’è attualmente l’orientamento ad eseguire l’impianto cocleare tra i 12 ed i 18 mesi(prima dei 12 mesi vi sono problematiche di natura valutativa funzionale, anestesiologiche e di procedura chirurgica) tanto che la FDA(Food and Drug Administration) ne ha approvato l’esecuzione nei bambini con sordità profonda a partire dai 12 mesi di vita. Dopo i 6 anni di vita, in bambini con sordità profonda che hanno presentato scarso beneficio protesico, i risultati sono marcatamente inferiori. Buoni risultati si hanno anche con bambini sordi congeniti che hanno avuto discreti risultati protesici eseguendo l’impianto in età prescolare.

 

Dott.ssa Logopedista Claudia Antognozzi