La demenza di Alzheimer ha, in genere, un inizio subdolo: le persone cominciano a dimenticare alcune cose, per arrivare a non riconoscere più nemmeno i familiari e hanno bisogno di aiuto anche per svolgere attività quotidiane più semplici.

E’ una perdita di abilità precedentemente possedute, che vedono interessati gli aspetti cognitivo-decisionali, di coscienza, attenzione, memoria e più globalmente la prestazionalità generale e i comportamenti.

La demenza di Alzheimer oggi colpisce circa il 5% delle persone con più di 60 anni e in Italia si stimano circa 500mila ammalati.

Nei pazienti affetti da demenza di Alzheimer si osserva una perdita di cellule nervose nelle aree cerebrali vitali per la memoria e per altre funzioni cognitive. Si riscontra, inoltre, un basso livello di quelle sostanze chimiche, come l’acetilcolina, che lavorano come neurotrasmettitori e sono quindi coinvolte nella comunicazione tra le cellule nervose

Il decorso della malattia è lento e in media i pazienti possono vivere fino a 8-10 anni dopo la diagnosi della malattia.

Nel corso della malattia i deficit cognitivi si acuiscono e possono portare il paziente a gravi perdite di memoria, portando il paziente a ripetere più volte le stesse domande, a perdersi in luoghi familiari, all’incapacità di seguire delle indicazioni precise, ad avere disorientamenti sul tempo, sulle persone e sui luoghi, ma anche a trascurare la propria sicurezza personale, l’igiene e la nutrizione.

Oggi l’unico modo di fare una diagnosi certa di demenza di Alzheimer è attraverso l’identificazione delle placche amiloidi nel tessuto cerebrale, possibile solo con l’autopsia dopo la morte del paziente. Questo significa che durante il decorso della malattia si può fare solo una diagnosi di Alzheimer “possibile” o “probabile”.

Per questo i medici si avvalgono di diversi test:

  • esami clinici: esami del sangue, delle urine o del liquido spinale
  • test neuropsicologici: per misurare la memoria, la capacità di risolvere problemi, il grado di attenzione, la capacità di contare e di dialogare
  • Tac cerebrali: per identificare ogni possibile segno di anormalità

L’intervento riabilitativo deve avvenire all’interno di un’equipe con il neurologo, neuropsichiatra e vari professionisti multidisciplinari, fra cui la logopedista, la quale interviene nell’area della comunicazione e del linguaggio orale e scritto, come da profilo professionale.

I disordini della comunicazione e della deglutizione, sono frequentemente osservabili nel paziente affetto da Malattia di Alzheimer.

Tra le abilità comunicative, la fluenza verbale presenta un declino graduale che si caratterizza inizialmente da perdita della capacità di denominare e, successivamente, da alterazioni che riguardano gli aspetti pragmatici quali il mantenimento della coerenza, la produzione del discorso, l’utilizzo di unità informative, la comprensione dei messaggi linguistici. L’impossibilità di comunicare rappresenta un’elevata fonte di stress e di angoscia; può indurre a conflitti, isolamento o depressione in uno o più partner comunicativi e può essere uno dei fattori di orientamento verso l’istituzionalizzazione.

La disfagia è un altro aspetto che si presenta nei malati di Alzheimer. Allo studio videofluorografico della deglutizione, infatti, i pazienti presentano aumento dei tempi di transito orale, nello specifico, vi è un deficit di tipo sensoriale che sono l’espressione del mancato funzionamento delle aree temporo-parietali.

Altri disturbi concomitanti del comportamento alimentare correlati ai deficit cognitivi sono:

  • alterazioni della vigilanza-attenzione;
  • agnosia per il cibo (mancato riconoscimento del cibo come tale con assenza di apertura della bocca alle proposte alimentari);
  • aprassia di alimentazione (incapacità ad usare correttamente gli oggetti);
  • aprassia di deglutizione (per esempio incapacità di prensione labiale del bicchiere).

Terapie farmacologiche

Oggi purtroppo non esistono farmaci in grado di fermare e far regredire la malattia; per alcuni pazienti, in cui la malattia è in uno stadio lieve o moderato, i farmaci possono aiutare a limitare l’aggravarsi dei sintomi per alcuni mesi. Altri farmaci, inoltre, possono aiutare a contenere i problemi di insonnia, di ansietà e di depressione.

L’importanza del Counseling ai caregivers (colui che si prende cura, che assiste e supporta il proprio caro, generalmente anziano, nei momenti di malattia e di difficoltà).
Un’alta percentuale di pazienti necessita di aiuto sia per i deficit comunicativi sia per quelli correlati all’alimentazione da parte di caregivers famiglia. Nel tempo, il peso cronico dello stress fisico, psicologico, sociale e finanziario, unito alla mancanza di tempo libero, di apprezzamento e di supporto dall’esterno contribuiscono all’ansia, alla depressione e al declino della qualità di vita di chi si occupa del paziente.
L’aumentare la loro competenza nella cura del paziente, riduce o ritarda l’ospedalizzazione.

Quali sono dunque le informazioni che possono aumentare la competenza dei caregivers negli ambiti di criticità sovraesposti? Le tecniche basate su aiuti mnemonici (memory-book con informazioni biografiche, eventi importanti della vita del paziente, fotografie e supporti scritti) supportano il desiderio di comunicare e favoriscono il mantenimento dell’attenzione sul discorso prescelto.

Relativamente alla deglutizione le indicazioni finalizzate a mettere in atto compensi per ridurre al minimo i rischi di aspirazione e a mantenere un adeguato apporto nutrizionale e idrico dovranno essere calate sul singolo caso e gestite dalla nutrizionista e dalla logopedista; quest’ultima provvederà ad offrire una formazione sulla preparazione del cibo e sulle caratteristiche reologiche degli alimenti (cibo tritato, frullato, omogeneizzato), sulle posture di protezione delle vie aeree, sulla rilevazione di eventuali segni di aspirazione e sul monitoraggio delle ingesta.

Di fondamentale importanza l’addestramento all’utilizzo delle tecniche di stimolazione sensoriale tra cui l’igiene del cavo orale e le stimolazioni tattili-termiche prima di somministrare il pasto, l’adeguamento al paziente del bolo in termini di sapore, temperatura, consistenza, volume e, non ultime, le modalità di posizionamento del cucchiaio nella cavità orale e i comportamenti che favoriscano il più a lungo possibile il mantenimento dell’alimentazione autonoma.

Nella Malattia di Alzheimer, in fase terminale, la disfagia è presente in percentuali altissime e con forte rischio di mortalità dovuta a polmonite ab ingestis.

E’ fondamentale saper riconoscere i primi segni di una deglutizione alterata e quando necessario, segnali il caso al medico foniatra o al logopedista per ulteriori osservazioni.

Per disfagia si intende qualsiasi disturbo nella progressione del cibo dal cavo orale allo stomaco.

La disfagia può essere associata ad un grande numero di condizioni neurologiche quali ad esempio trauma cranico, ictus, sclerosi laterale amiotrofica, morbo di Parkinson e demenza di Alzheimer.

I segni e sintomi di Disfagia sono

Difficoltà nel gestire le secrezioni orali; assenza o debolezza di tosse o deglutizione volontaria; modificazione di qualità/tono della voce (voce gorgogliante); diminuzione dei movimenti della bocca e della lingua; lingua protrusa, riflessi orali primitivi; schiarimenti di gola frequenti; cambiamenti della modalità di alimentazione; rialzo di temperatura nel tardo pomeriggio; perdita di peso e/o disidratazione; frequenti infezioni toraciche.

 

Quando mangia o beve

  • lentezza ad iniziare una deglutizione e/o ritardo a deglutire (oltre 5 sec);
  • masticazione o deglutizione non coordinate;
  • deglutizioni multiple per ogni boccone;
  • impacchettamento del cibo nelle guance;
  • rigurgiti orali e nasali di cibo/liquidi;
  • prolungamento del tempo del mangiare/bere;
  • tosse o starnuti durante/dopo l’alimentazione;
  • sensazione di corpo estraneo in gola.

La persona deve essere posizionata:

  • se allettata, con busto inclinato a 70°-90° e gambe flesse, testa e collo appoggiati, capo flesso anteriormente
  • se seduta, con comodo sostegno degli avambracci e piedi appoggiati, tronco in linea mediana, testa leggermente flessa in avanti

Accorgimenti da adottare durante la somministrazione del pasto: procedere lentamente, con piccole quantità alla volta e solo se il boccone precedente è stato deglutito.

Il paziente potrà parlare solo sospendendo il pasto e dopo aver ripulito la gola con qualche colpo di tosse e qualche deglutizione a vuoto. La persona con rischio di aspirazione non deve bere mentre mangia. Può bere prima, dopo o lontano dai pasti. Il paziente ad intervalli regolari deve controllare la presenza di eventuali residui di cibo in faringe emettendo due o tre colpi di tosse. Deglutire la saliva dopo ogni colpo di tosse.


Interventi specifici da adottare con individui affetti da demenza: orientare l’individuo nell’ambiente circostante; predisporre un ambiente tranquillo, per mangiare senza interruzioni esterne; utilizzare rinforzi verbali e visivi e/o incitamenti ripetuti; rimuovere cibi/utensili inutili, per evitare distrazioni; se l’individuo ha difficoltà a concentrarsi, fare pasti meno abbondanti e più frequenti.

Alimenti da evitare

Liquidi (salvo diversa indicazione); Pastina in brodo; Minestrone con verdure in pezzi; ‘Zuppe’ (di latte, di brodo); Cibi frammentabili; Frutta secca; Riso al dente-Legumi

Il trattamento logopedico nei pazienti affetti da Alzheimer consente di mettere tali pazienti nelle condizioni di mantenere più a lungo le capacità residue, ci permette di adattare l’ambiente a mano a mano che si modifica il loro comportamento e di adottare strategie per una comunicazione verbale e non verbale più efficace possibile.

Restano naturalmente molto importanti gli incontri di counseling rivolti al nucleo familiare e a tutti coloro che sono coinvolti nella gestione del paziente con Alzheimer, allo scopo di informare, condividere, accompagnare nelle scelte e creare una solida alleanza terapeutica.